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Stoner (42)

John Williams

Genere: Letteratura,

Editore: Fazi

Anno: 2012

Lingua: Italiano

Rilegatura: Rilegato

Pagine: 332 Pagine

Isbn 10: 8864112367

Isbn 13: 9788864112367

Trama

William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato, mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita, per quasi quarantanni è infelicemente sposato alla stessa donna, ha sporadici contatti con l'amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo, per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante. Come riesce l'autore in questo miracolo letterario? A oggi ho letto Stoner tre volte e non sono del tutto certo di averne colto il segreto, ma alcuni aspetti del libro mi sono apparsi chiari. E la verità  è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria. È il caso che abbiamo davanti.

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Le recensioni degli AccioBookers

The LibrariAnna

*innocenti spoilers* Può una rilettura condizionare a tal punto l'opinione su un romanzo da ribaltarla? Se nel 2014 mi avessero chiesto cosa pensassi di Stoner, avrei risposto profondendomi in un rammaricato "tanto rumore per nulla", con contorno di sorda rabbia per la passività strisciante del personaggio in ogni singola pagina del romanzo. A distanza di 5 anni, rispolverandolo per il gruppo lettura, io ho finalmente visto William Stoner. Non è un derelitto subissato da una dispotica moglie vagamente autolesionista, un uomo succube degli eventi, poco ambizioso, un perdente che presto sparisce dalla memoria dei luoghi e delle persone che ha frequentato. William Stoner è solo apparentemente uno di noi, un uomo comune, lui infatti ha ricevuto un dono affatto comune. William Stoner, studente della facoltà di agraria, durante un corso di letteratura inglese, frequentato solo per crediti extra, "conosce" d'un tratto qual è il suo scopo, qual è il suo posto nel mondo. Da quel momento in poi, tutte le sue energie saranno concentrate nel coltivare il "giardino segreto" svelatosi in una lezione sulla poetica di Shakespeare. Tutto il resto - matrimonio fallimentare, paternità abdicata, carriera stroncata, amore perduto - sono solo parentesi di torpore nell'ambito di una vita piena, spesa in un luogo, il college, e in un'occupazione, lo studio matto e disperatissimo, che per lui costituiscono l'acme dell'esistenza. Che dire, da leggere!

la lettrice scalza

meraviglioso.

Alisafro

Recensito il 30/10/2022

Doppione

Chestnut

Recensito il 08/10/2023

La lettura di un libro come Stoner è difficile da affrontare: ti trovi davanti a quello che si definisce caso editoriale di cui hai letto una vagonata di recensioni positive. Cioè l’hype è talmente alto che il rischio di rimanere delusi è dietro l’angolo.

Nelle mie letture sono abituata a trovarmi davanti personaggi di qualsiasi tipo, non importa se reali o di fantasia. La chiara differenza tra William Stoner e un qualsiasi altro protagonista sta nella normalità. Stoner potrebbe essere il tuo vicino di casa, oppure il tuo professore di università (che, tra l’altro, avendo fatto lingue cade proprio a fagiuolo). Stoner è una persona normale, non ha la pretesa di essere un personaggio dalle mirabolanti e rocambolesche avventure: è una vita come tante.

Questa quotidianità che traspare dalle pagine del libro è ciò che, secondo me, ha portato le persone ad amare così tanto questo romanzo: di fatto è un modo per leggere quella che potrebbe essere la tua vita. Ed è forse per questo che le persone che lo hanno letto più volte ritrovano sempre punti nuovi su cui riflettere.

Come viene esplicitato nella postfazione di Peter Cameron, è interessante notare che – tranne nelle prime pagine – il protagonista raramente viene chiamato per nome: nella maggior parte del tempo è semplicemente Stoner. Sappiamo che il proprio nome è metafora della propria identità; identificandosi con il cognome è come se Stoner fosse in cerca del sé, di un io perduto negli anni della gioventù.

John Edward Williams fa danzare le parole come delicate étoile: tutto viene raccontato con una delicatezza estrema. Anche i momenti più duri e tragici.

La costruzione dei personaggi è tanto reale e complessa che se incontrassi Edith per strada probabilmente la prenderei a cazzotti (Lei e il suo atteggiamento da moglie psicopatica… ma torniamo al commento).

Stoner è sicuramente un esperimento letterario interessante: non ci troviamo davanti a un eroe della quotidianità, né tantomeno a una vita strana o avvincente in cui ti chiedi e adesso cosa succede? Niente. Tutto fluisce lentamente e naturalmente con lo scorrere del tempo.

Sebbene da un lato mi renda conto a livello intellettuale di un’opera di questo tipo, il romanzo non mi ha rapita totalmente. Probabilmente il bias dato dalla sua fanbase ha condizionato la mia percezione della storia tanto da arrivare alla fine e dire: ok, non male ma mi sarei aspettata di più.