Biografia
«Contro coloro che nella enunciazione di leggi sociali intese come destino vorrebbero trovare l'alibi di una rassegnazione fatalistica o cinica, occorre ricordare che la spiegazione scientifica, che offre gli strumenti per capire, se non assolvere, è anche quella che permette di trasformare. Una conoscenza più approfondita dei meccanismi che governano il mondo intellettuale non dovrebbe avere come effetto di "scaricare dell'imbarazzante fardello della responsabilità morale l'individuo"... Viceversa dovrebbe insegnargli a porre le sue responsabilità là dove si pongono realmente le sue libertà.[1]»
Pierre Bourdieu (Denguin, 1º agosto 1930 – Parigi, 23 gennaio 2002) è stato un sociologo, antropologo, filosofo e accademico francese.
Bourdieu è considerato come uno dei sociologi più importanti della seconda metà del XX secolo. Per il suo impegno nel dibattito pubblico, negli ultimi anni della sua vita è stata una delle figure più importanti della vita intellettuale francese. Il suo pensiero ha esercitato un'influenza considerevole all'interno delle scienze umane e sociali[2], in particolare sulla sociologia francese del dopoguerra. Il suo quadro teorico ha avvicinato il suo pensiero ad una visione deterministica del sociale che ha sempre difeso. La sua opera sociologica è dominata da un'analisi dei meccanismi di riproduzione delle gerarchie sociali. Bourdieu insiste sull'importanza dei fattori culturali e simbolici all'interno di questa riproduzione, criticando al contempo il primato attribuito dall'analisi marxista ai fattori economici. Bourdieu sostiene che la capacità degli agenti sociali in posizione dominante ad imporre le loro "produzioni" culturali e simboliche giocano un ruolo determinante nei rapporti sociali di dominazione. È quella che Pierre Bourdieu chiama violenza simbolica, concetto fondamentale della sua analisi sociologica, che definisce come la capacità di nascondere l'arbitrarietà di queste produzioni simboliche, e quindi di farle ammettere come legittime agli attori sociali dominati.
Fonte: Wikipedia