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Stai zitta (1)

e altre nove frasi che non vogliamo sentire più

Michela Murgia

Genere: Femminismo,

Editore: Mondolibri

Anno: 2021

Lingua: Italiano

Rilegatura: Flessibile

Pagine: 112 Pagine

Trama

Di tutte le cose che le donne possono fare nel mondo, parlare è ancora considerata la più sovversiva.

Se si è donna, in Italia si muore anche di linguaggio. È una morte civile, ma non per questo fa meno male. È con le parole che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, dai dibattiti e dalle notizie, ma di parole ingiuste si muore anche nella vita quotidiana, dove il pregiudizio che passa per il linguaggio uccide la nostra possibilità di essere pienamente noi stesse. Per ogni dislivello di diritti che le donne subiscono a causa del maschilismo esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. Accade ogni volta che rifiutano di chiamarvi avvocata, sindaca o architetta perché altrimenti «dovremmo dire anche farmacisto». Succede quando fate un bel lavoro, ma vi chiedono prima se siete mamma. Quando siete le uniche di cui non si pronuncia mai il cognome, se non con un articolo determinativo davanti. Quando si mettono a spiegarvi qualcosa che sapete già perfettamente, quando vi dicono di calmarvi, di farvi una risata, di scopare di più, di smetterla di spaventare gli uomini con le vostre opinioni, di sorridere piuttosto, e soprattutto di star zitta.

Questo libro è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Ha un’ambizione: che tra dieci anni una ragazza o un ragazzo, trovandolo su una bancarella, possa pensare sorridendo che per fortuna queste frasi non le dice più nessuno.

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Le recensioni degli AccioBookers

Katelikki

Recensito il 22/09/2022

Un libro che dovrebbe essere letto da tutte le donne ma anche e soprattutto tutto gli uomini. Fa indignare e riflettere e ci convince ad agire per attuare un cambiamento. SCAMBIATO

Padawan Fabi

Recensito il 30/11/2023

Ascoltato in audiolibro. Per quanto la società sia intrisa della cultura maschilista e del patriarcato io stessa, giovane donna, non vedo (vedevo) molte delle ingiustizie elencate in questo saggio. Bellissimo e consigliato!

_elescarn

Recensito il 13/07/2024

Non fare la maestrina.

Sbalordisce ogni volta constatare quanto sia potente il trauma del maschio italiano legato alla figura della maestra delle scuole elementari, irrisolto al punto che ogni donna che puntualizza una questione con un minimo di argomenti validi lo riporta immediatamente a quello stadio dello sviluppo in cui indossava i calzoni corti e stava seduto al suo banchetto mentre l'insegnante gli segnava in rosso gli errori sulla pagina delle aste. Da quel momento, qualunque donna che ragiona con disinvoltura riesce nella magia nera di far tornare l'uomo bambino, scatenando una reazione aggressiva e infantile che ha però il solo effetto di confermare l'avvenuta regressione. Per questo tipo di problemi di gestione con la figura d'autorità di solito si va dall'analista. In Italia ti danno come minimo un posto in un cda. Senza donne. (pag. 11)

“Non si può cambiare la realtà da un giorno all'altro, ma nessuna realtà comincerà mai a cambiare se la necessità del cambiamento non diventa evidente a tutti. Finché le donne non potranno esserci per contare, e essenziale che continuino a contare per esserci.” (pag. 18)

“Applicare a un cognome di donna l'articolo determinativo significa comportarsi con un nome di persona come ci si comporterebbe con un nome di cosa o con un'entità spersonalizzata, una specie di fenomeno paranormale che fa categoria a sé.” (pag. 27)

“Gli unici uomini che si spaventano se una donna protesta contro un'ingiustizia sono quelli che hanno la responsabilità deliberata o tacita di quell'ingiustizia. Gli altri non solo non hanno alcun problema con le donne che protestano, ma sempre piú spesso si attrezzano per aiutarle.” (pag. 55)