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Tutte le stirpi (1)

José M. Arguedas

Editore: Einaudi

Anno: 1974

Lingua: Italiano

Rilegatura: Flessibile

Pagine: 531 Pagine

Isbn 13: 9788806394042

Trama

Figli di un grande proprietario terriero delle Ande peruviane, Bruno e Fermín, i due protagonisti "bianchi" di Tutte le stirpi rappresentano in due modi opposti di concepire la vita: religioso, sensuale impulsivo il primo, profondamente legato alle più antiche tradizioni del suo paese, erede di un'immensa e stanzia, che vuole conservare intatta contro l'incombenza delle usanze moderne; spregiudicato, freddo, il secondo, rappresentante del più moderno imprenditori atto industriale, erede di una miniera che vuole sfruttare qualunque costo. Entrambi vogliono difendere il Perù: Bruno salvandone e recuperandone le antiche radici agricole, Fermín dotandolo di un'industria moderna capace di competere con i grandi consorzi internazionali guidati da capitale americano.
Tra questi due poli c'è il grande mondo degli indios, con il suo protagonista: Rendón Willka, un indio che ha saputo istruirsi senza perdere il contatto spirituale con le sue origini, e che torna da Lima alle montagne per guidare la sua gente sulla strada di una riabilitazione pacifica. E tutti intorno, una folla di altri personaggi, anch'essi lucidamente delineati: Cabrejos, l'ingegnere sleale al servizio di Don Fermín e del consorzio internazionale, che riuscirà ad assumere la direzione della miniera; Asunta, che in un gesto di sublime ribellione uccidente avrei Cabrejos il simbolo stesso del tradimento; Matilde, moglie di Fermín, energico appoggio per il marito ma sensibile al fascino delle montagne che sente personificate negli indios e in Bruno; i signori rovinati del paese di San Pedro, che si lasciano morire di fame piuttosto che lavorare; gli "estancieros" gli avversari di Don Bruno, di cui temono il sentimento di carità cristiana; i capi indios, simboli di un'antichissima saggezza rassegnazione.
Il protagonista di primo piano e pure la natura, a cui are guidasse presto i sentimenti dei suoi personaggi e che partecipa tutti gli avvenimenti come un muto commento. I lettori italiani, che nei Fiumi profondi avevano già avvertito con quanta trepidazione Argueda parli della natura, ritroveranno qui la stessa altissima poesia, riproveranno le stesse emozioni ogni volta che come uno squarcio di luce, la natura (un albero, una montagna, un uccello) entra nel racconto. Tutte le stirpi orchestra in una forte polifonia la rappresentazione di un mondo in trasformazione, le cui molteplici tensioni si risolvono, nel dramma finale, in un solo scontro. In questo romanzo Arguedas ricrea in tutta la sua limpidezza e forse per la prima volta nella letteratura sudamericana, il vero mondo spirituale degli indios, la loro poesia, la loro gentilezza e forza, la loro umiltà felice; un mondo troppo spesso frainteso, che forse solo Our guida, nato e cresciuto tra le tribù delle montagne, abituato fin da piccolo a usare il cui quechua come sua lingua madre, poteva farci capire fino in fondo.

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