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Genere: Autobiografie, Guerra, Storie Vere
Editore: Einaudi
Anno: 2015
Lingua: Italiano
Rilegatura: Rilegato
Pagine: 191 Pagine
Isbn 10: 8806225219
Isbn 13: 9788806225216
Trama
Il 29 febbraio 1944 Ulisse, squadrista, membro di un direttorio del fascio, viene ucciso dai Gruppi di Azione Patriottica. Pochi mesi prima erano morti i sette fratelli Cervi, fucilati dai fascisti. Il 16 marzo 1961, diciassette anni dopo, il gappista Soragni, nome di battaglia Muso, sarà vittima dell'odio covato nel tempo da un compagno militante e amico, assieme a lui responsabile dell'uccisione di Ulisse. La storia è lineare solo quando scegliamo di raccontarla così, ma gli eventi si affastellano in un ordine che, quando ti riguarda da vicino, non è necessariamente quello cronologico. Così è per chi cerca di capire le ragioni del sangue, quando il sangue degli oppressori si mescola a quello degli oppressi. E l'eco di quegli spari accompagna Massimo Zamboni nella sua indagine attraverso due secoli per ricostruire una storia che lo riguarda molto da vicino, anche se gli è stata sempre taciuta. «Di mio nonno, due sole cose possedevo: il nome, Ulisse, che io porto come secondo, e che sempre ho dovuto considerare come un intruso, una parte sconosciuta di me; e una giacca, un tessuto ruvido di lana, il nero orbace della sua divisa autarchica. Niente di più, prima di questo libro». Questa indagine lo porta a respirare polvere negli archivi cercando di decifrare le calligrafie ostili dei registri parrocchiali; lo porta sulle colline reggiane a intervistare i superstiti; lo porta sulla tomba dei fratelli Cervi - sette, come sette erano i fratelli B*, l'agiata famiglia a cui apparteneva il bisnonno Massimo. Una storia che chiedeva di essere raccontata, rimasta sepolta insieme alle tante storie rimosse di questo Paese. Un libro sofferto, inconsueto, che è insieme una presa d'atto, un amaro bilancio e una terrestre ballata incantatrice. La memoria va trasmessa, ci dice Massimo Zamboni, e «tocca ai nipoti tramandare, sottraendo ai genitori un compito che non avrebbero potuto svolgere con giustezza».
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