La contessa di Castiglione (0)

Trama

La gloria di Nicchia è durata nemmeno due anni, due miseri anni soltanto. E giustificata appare la frase che ella dice a Cavour quando lo vede: “Ho appena cominciato a vivere, e il mio compito è già finito”. Ha partecipato alla esecuzione del grande disegno di Vittorio e di Cavour, ha ottenuto dì qualche risultato, ma al momento non sa neppure fino a che punto Napoleone è stato sempre come un'anguilla, teso a sfuggire da tutte le parte. E lei personalmente cosa ne ha ricavato? Un po' di gioia, una certa gloria mondana; però anche la fine del suo matrimonio. Omaggi, successi, trionfi a questo l'hanno ridotta. Che ritiene, a vent'anni, la propria vita terminata. Ora che non ha più il libro cifrato con cui corrispondere col re, ora che le porte dorate delle Tuileries le si sono chiuse alle spalle; ora che non è più la regina del gran mondo, l'arbitra della moda e del lusso; ora intende che tra il prima e il poi si è scavato un solco nero e profondo che nulla e nessuno potrà forse più colmare.
È stata la migliore ambasciatrice d'Italia, ha forse deposto nel cuore di Napoleone il germe che fruttificherà. I documenti, tutti, lo comprovano. Ha gettato tra Italia e Francia un ponte luminoso che condurrà a parte del nostro riscatto. Certo, l'importanza di Nicchia, di ciò che ha fatto nel 1856 e nel 1857 è stata enorme, e lei ne ha e ne avrà contezza. Dice: “Ho fatto l'italia”. Più tardi dira: “Ho salvato il papato”. Ella sa che non conoscerà mai più la splendida ebbrezza di quei due anni, l'orgoglio di essere artefice di storia. E tanto presa da questa sua idea di superiorità da affermare in seguito che, se fosse stata in Francia qualche anno prima, Eugenia non sarebbe mai salita sul trono: “Non una spagnola, ma una italiana avrebbe regnato alle Tuileries”.