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La bastarda di Istanbul (1)

Elif Shafak

Genere: Letteratura,

Editore: Mondolibri

Anno: 2007

Lingua: Italiano

Rilegatura: Rigida

Pagine: 388 Pagine

Trama

Istanbul non è una città, è una grande nave. Una nave dalla rotta incerta su cui da secoli si alternano passeggeri di ogni provenienza, colore, religione. Lo scopre Armanoush, giovane americana in cerca nelle proprie radici armene in Turchia. E lo sa bene chi a Istanbul ci vive, come Asya, diciannove anni, una grande e colorata famiglia di donne alle spalle, e un vuoto al posto del padre. Quando Asya e Armanoush si conoscono, il loro è l'incontro di due mondi che la storia ha visto scontrarsi con esiti terribili: la ragazza turca e la ragazza armena diventano amiche, scoprono insieme il segreto che lega il passato delle loro famiglie e fanno i conti con la storia comune dei loro popoli. Elif Shafak, nuova protagonista della letteratura turca, affronta un tema ancora scottante: quel buco nero nella coscienza del suo paese che è la questione armena. Simbolo di una Turchia che ha il coraggio di guardarsi dentro e di raccontare le proprie contraddizioni.

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Le recensioni degli AccioBookers

Valeria

Siamo bloccati. [...] Bloccati tra L'Oriente e l'Occidente, tra il passato e il futuro. Da una parte ci sono i modernisti laici, così orgogliosi del regime che hanno costruito da non ammettere la minima critica. [...] Sul fronte opposto ci sono i tradizionalisti formali, così innamorati del passato ottomano da non ammettere la minima critica. Ho appena terminato questo libro, che mi ha lasciato purtroppo perlpessa, soprattutto in relazione al finale. Ho molto di cui vorrei parlare, per questa ragione riprenderò il mio vecchio schema per recensire: parlare di ciò che mi è piaciuto e di ciò che non mi è piaciuto. La valutazione, inizialmente, era di 2 stelline, però riflettendoci meglio il libro merita effettivamente qualcosa in più. Cosa mi è piaciuto: I temi: francamente l'ho trovato un libro estremamente coraggioso, per quanto riguarda i temi che tratta. La storia della Turchia del 2000, spaccata tra una tendenza all'occidentalismo e la pressione del proprio passato, che si cerca di dimenticare e di abbandonare in una piccola stanza in fondo al corridoio. Un Paese che rivendica la propria modernità rispetto ai Paesi arabi, di cui si allontanano con fermezza, soprattutto a livello culturale e religioso. Eppure, questa doppia spinta è presente in maniera palpabile all'interno di ogni gesto, nella quotidianità, in una frase, in un'occhiata... lampante la condizione delle donne in questo contesto quasi confuso. La soddisfazione di avere formalmente pari diritti (il diritto di voto e l'abilitazione a qualsiasi professione), che va di pari passo con la persistenza di pregiudizi, relativi alla libertà di essere qualcosa di diverso, di indossare minigonne e tacchi, di abortire, di avere una vita sessuale libera. Il passato della Turchia è la sua ombra: si tenta in tutti i modi di avvicinarsi alla luce per ridurre la sagoma oscura, eppure essa non sparisce mai completamente del tutto. La vicenda del genocidio degli armeni, che il governo turco non ha riconosciuto, scende come una cortina di ferro in un Paese che cerca di dimenticare e che si sente distaccato dai reati che gli ottomani hanno commesso. Le protagniste principali: le due protagoniste, Asya ed Amy, rappresentano questi due mondi diversi. La prima (turca) è una figlia bastarda, non conosce il proprio padre e si rifiuta di guardare il proprio passato. La seconda (armeno-americana) ritorna in Turchia per riscoprire le proprie radici, temendo di trovarsi in una realtà ostile e poco accogliente. Le ragazze rappresentano pienamente la condizione dei propri popoli: la Turchia, con Asya che si rifiuta di guardare al passato e che arranca nel presente (con due suicidi alle spalle) tra rabbia e confusione, e gli Armeni, che si crogiolano forse troppo in questo passato, da cui non riescono a distaccarsi. Alla fine, le due culture, con gli anni, hanno finito per mescolarsi, tra contaminazione e una cultura culinaria comune. La cucina: riprendendo il paragrafo precedente, si parla spesso di cucina, di ricette, di piatti tipici turchi e armeni, proprio perché la cucina è una delle tradizioni che più lega queste culture. Nel romanzo della Shafak è evidente il tentativo di ridare dignità a questo evento tragico, pur evidenziando il ruolo dell'integrazione e della creazione di un legame, fondamentale per andare avanti. Istanbul: la città è largamente descritta, si percepiscono suoni e odori, si cammina per le strade e si osserva il mare, si entra nei bazaar e si vive la cultura assieme ai turchi. Forse un po' di nostalgia, da parte di una scrittrice che afferma con fermezza le proprie origini e sente nostalgia di casa. I punti di vista: nel romanzo ci sono davvero tanti punti di vista. Ogni personaggio, o almeno quelli principali, ne hanno uno. Siamo partecipi della loro storia, dei loro pensieri, di ciò che sentono e ciò che hanno vissuto. Nessuno è lasciato indietro o ignorato, tutti hanno la loro fetta di merito nello sviluppo della trama. Le tradizioni e la ricostruzione storica: l'autrice deve aver fatto un gran lavoro di ricostruzione culturale. Lo sforzo non è evidente solo nel contesto culinario, ma anche per quanto riguarda la religione e la superstizione, le fiabe e le tradizioni del Paese. Non conoscendo in maniera particolare la cultura turca, do per scontato che tutto ciò che ho letto sia vero, anche per quanto riguarda il genocidio degli armeni, che studiammo alle scuole superiori, ma senza soffermarsi troppo. La riflessione: la storia ha moltissimi spunti di riflessione molto interessanti. Ciò che invece non mi è piaciuto: I personaggi stereotipati: per quanto tutti i personaggi, nel libro, vengano messi a nudo, è innegabile che alcuni siano stati costruiti in maniera un po' stereotipata, soprattutto alcuni. Le quattro sorelle non hanno niente a che vedere le une con le altre, sono quattro isole senza ponti, diverse ed estremamente banali, ciascuna reincarna un personaggio tipo che, nelle saghe familiari, si sono già visti e stravisti. Zeliha è la figlia ribelle, Feride è la matta, Banu è la saggia e Cevriye è la più rigida e seria. Lo stile: a volte non mi ha convinto. L'esagerazione: alcune situazioni sono portate davvero all'estremo, esagerate e rese assurde e bizzare. La condizione mentale della zia Feride è poco indagata e si comprende a malapena quale malattia la affligga. Asya ha tentato due volte il suicidio, eppure, nonostante sia evidenziato il suo carattere rabbioso, in realtà non si fa luce su quale fosse il suo stato d'animo quando è successo, non si percepisce la sofferenza della sua infanzia e per la sua condizione di bastarda. Il tutto rimane in superficie, si parla di tante cose, forse troppe, ma effettivamente non si arriva sempre al centro della questione. Amy è fuggita dall'America per andare in Turchia, dicendo alla madre di essere dal padre e viceversa. Situazione alquanto improbabile. Infine, il finale. Il finale: DA QUI IN POI LA RECENSIONE CONTIENE SPOILER!!! il libro mi stava piacendo tantissimo, finché non è arrivato il delirio. Le ultime cinquanta pagine sono completamente nonsene, non comprendo il motivo di aver inserito tanto scandalo. Innanzitutto, il fatto che in realtà le due famiglie siano mescolate, crea una grandissima confusione, oltre ad essere davvero improbabile. Storie di cento anni prima si intrecciano col presente. Oltretutto, il tema dello stupro è indagato in minima parte, soprattutto in relazione alla reazione della famiglia (e della madre) nel momento in cui si viene a sapere. I meccanismi che hanno portato Mustafa a ingravidare la sorella non risultano effettivamente una spiegazione adeguata, ma in generale la sua persona pare esser stata messa lì apposta per creare questo scandalo. Ora, per come ho interpretato io queste scelte, credo che la scrittrice volesse costruire una metafora. I legami che ci sono tra la famiglia di Asya e quella di Amy rappresentano l'indissolubile rapporto fra turchi e armeni, le cui culture sono ormai mischiate e incatenate fra loro. L'una non potrebbe esistere senza l'altra. Per quanto riguarda lo stupro e l'omicidio di Mustafa, è la Turchia che tenta di nascondere il proprio passato, uccidendolo, ma con cui inevitabilmente deve fare i conti. Asya scopre chi è suo padre e ne è disgustata, esattamente come il Paese è disgustato dall'idea del genocidio, difficilmente accettabile. Dunque la Turchia deve fare questo passo in avanti, il passo di Asya e del resto della famiglia Kazanci.

una stanza piena di libri

Recensito il 31/07/2021

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