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I miei genitori non hanno figli (0)

Marco Marsullo

Genere: Commedia, Adolescenti, Educazione

Editore: Mondolibri

Lingua: Italiano

Rilegatura: Flessibile

Pagine: 138 Pagine

Trama

Una commedia divertente, corrosiva e tenera, sghemba come tutte le famiglie, dove bisogna adattarsi «l’uno alla forma sbagliata dell’altro per non sparire del tutto».

Dicono che fare il genitore sia il mestiere piú difficile, ma nessuno ricorda mai che fare il figlio non è proprio una passeggiata. Soprattutto quando hai diciott’anni e i tuoi genitori pretendono tu sappia già  scegliere cos’è meglio per la tua vita, anche se la loro non sembra esattamente quella che avevano immaginato. E allora li osservi muoversi in quel microcosmo fatto di amicizie che possono tornare utili, di colleghi che hanno solo figli geniali, al contrario di te, di solitarie battute di caccia in Lettonia e turn over di fidanzati, e quasi ti arrendi all’idea che sarai proprio tu il loro ennesimo fallimento.

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Le recensioni degli AccioBookers

_elescarn

Recensito il 30/06/2023

“Eh, auguri mamma. Vorrei farti davvero quello piú grande: ti auguro di dimenticare. Di allontanarti da certe cose, ché gli anni sono passati, non sono piú una ferita da rimarginare con l'acqua ossigenata. La voragine si è chiusa, lo vedo io da qui, la vita è andata avanti, va avanti comunque, anche se noi non lo vogliamo. È andata avanti per me, che negli ultimi sei anni non ci ho capito molto. E andata avanti pure per te. Lo so che non c'è giorno in cui tu non ti corroda, quando fingi di essere viva nei tuoi corsi di yoga, pilates, nelle tue escursioni per parchi naturali. Con i tuoi compagni, che cambi fingendo la noia, solo perché non sono la tua prima scelta. La tua generazione era programmata per una scelta e una soltanto, promessa indissolubile con sé stessi, per la quale si sono fatti debiti, economici e morali, con il futuro. Lo so che nei viaggi prenotati all'agenzia della tua amica c'è solo la voglia di simulare un'indipendenza fatta di chilometri, ristorantini francesi, austriaci, spagnoli, che baratteresti tutta la vita per quell'ora passata a preparare la cena per me e papà. Lo so, e per questo ogni volta che ti vedo brindare alla salute di chi la salute te l'ha strappata via, vorrei solo darti un bacio sulla fronte, spegnerti quel sorriso elettrico che hai stropicciato sulla faccia e dirti di slacciare le cinture, è finita. Per me è a posto cosí. Dovrebbe esserlo anche per te, ormai”. (pag 17)

“Le intenzioni dei genitori sarebbero favolose, se non fossero le loro. Alla fine sono esseri umani come noi; dev'essere spiazzante smettere di esistere solo come essere umano e diventare a un certo punto genitore”. (pag 27)

“Sono giorni interi, papà, che non mi manchi. Altri in cui mi capita di non pensarti. Non c'è mai un consiglio che vorrei chiederti. Non ti ho chiesto di insegnarmi a farne la barba. Non ti ho cercato la prima volta che ho fatto l’amore con una ragazza. Per dirtelo. Per sentirmi uguale a te. È questo, il guaio. Che non mi ci sento, uguale a te. E la maggior parte delle volte neanche mi ci voglio sentire. E se anche mi guardo le mani e penso che sono identiche alle tue, l'indice e il medio storti, a «rientrare» verso destra, e le altre due dita nel senso opposto, che creano una parentesi, non ci credo capaci di usarle allo stesso modo (…) E più vedo che siamo uguali, nel bacino largo, nelle spalle forti, nelle occhiaie pronunciate, piú penso che abbiamo dovuto proprio metterci d'impegno per non riconoscerci nei pensieri. Per doverci salutare cosí, ora che io me ne torno a casa e tu te ne resti da solo, qui in campagna, dove ami stare. Lontano da tutti, persino da me. -Però potevi fermarti a dormire, ogni volta ci dobbiamo dire mille cose e poi non ci diciamo mai niente, perché te ne devi scappare- mi rinfacci prima che parta con la macchina. Ti guardo e vorrei aprire la portiera, scendere, darti un bel cazzotto sul grugno. Strillarti che invece di perdere un intero pomeriggio a guardare le tue azioni di caccia in Lettonia, di cui non me ne frega nulla, avresti potuto tirarne fuori almeno una, di queste mille cose di cui dobbiamo parlare”. (pag 33)