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Cecità (6)

José Saramago

Genere: Distopia, Drammatico, Fantascienza

Editore: Einaudi

Anno: 1998

Lingua: Italiano

Rilegatura: Non inserito

Isbn 13: 9788806148669

Trama

Un automobilista fermo a un semaforo perde la vista, di punto in bianco: è il primo caso di una misteriosa cecità bianca che, rapidissima, si diffonde in tutta la città. Nel tentativo di arginare l’epidemia le autorità raccolgono i malati in un manicomio ma, quando il fuoco distrugge la clinica, i reclusi si riversano all’esterno recidendo gli ultimi legami con una presunta società civilizzata. Niente cibo, niente acqua, niente governo, niente ordine pubblico. Non è anarchia, è cecità.

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Le recensioni degli AccioBookers

Lita92

Sicurmente meritato il premio nobel per la letteratura. La trama è originale, lo stile di scrittura particolare: era la prima volta che mi imbattevo in uno scritto senza didascalie come stratagemma narrativo. Tuttavia ho trovato la narrazione in alcuni passaggi lenta e forse questo periodo non era sicuramente il più indicato per leggerlo. Mi solleva il fatto che essendo capitata in un periodo storico di pandemia non si sia verificato lo scenario brutale di degrado civile e umano che emerge dalle pagine del racconto. Sicuramente, al contrario dei alcuni colleghi delle scuole secondarie, non è una lettura che consiglierei ad un liceale di classe prima; tuttavia è un romanzo che consiglierei per un accrescimento culturale dal punto di vista della scrittura e della letteratura.

aemilius

Un classico contemporaneo che dovrebbe essere letto da chiunque. Un'opera profonda che analizza l'animo umano scavando nel profondo e scopre i sentimenti più intimi e primordiali. Stile letterario complesso, ma unico nel suo genere.

Bordijunior

Distopico, tosto, da brividi. L'umanità che tira fuori la sua vera essenza. Il peggio e il meglio di sé. Incredibilmente realistico

9iulia12

Intenso, sconvolgente, un libro che ferisce e forma a cui non si smette di pensare.

Camilla

E se la cecità fosse una malattia? Così nasce e si sviluppa il romanzo di Saramago, una delicata e crudele metafora della vita. Improvvisamente, come un'epidemia, la popolazione comincia a perdere la vista. Nel panico generale, provvedimenti affettati vengono presi, inizia la quarantena, crolla la civiltà. Concentrati su una delle camerate, seguiamo la vicenda attraverso gli occhi vacui dei primi affetti, leggiamo i pensieri dell'unica vedente sopravvissuta. SEGUONO SPOILER. Cecità non descrive l'incertezza del non vedente, ma dell'uomo di fronte alla vita, ignorante (o cieco del suo avvenire). La metafora su cui si sviluppa é questa: la vita non ha senso e l'umanità fa schifo. É egoista, bieca, pigra e stupida nell'aspettarsi un intervento esterno come soluzione ai propri problemi. Che sia lo stato; ma esso non ha mai fatto l'interesse dell'intero popolo, perché pur sempre composto da individui, da uomini. Che sia Dio; ma Dio non esiste. Che sia concorde o meno, é lo stile impeccabile, il modo delicato e indiretto con cui tratta temi violenti e dolorosi che lo rendono crudele. Lo stesso lettore può diventare facilmente cieco e farsi imbrogliare dal telo bianco con cui l'autore maschera l'atrocità della vita, leggendo gli avvenimenti e soffermandosi alla superficie, divenendo esso stesso uno dei ciechi. Volutamente i periodi sono lunghi e i dialoghi mancano di segni grafici che li contraddistinguano. In tal modo il lettore percepisce il disagio e la confusione dei personaggi. Viene parzialmente riprodotta la difficoltà di affidarsi al solo udito, riconoscere la voce, seguire con maggiore attenzione i discorsi: non ci sono volti, non ci sono nomi. Questi ultimi sono una esigenza tipica umana, a cose, persone, a empirico e trascendentale: poter distinguere e riconoscere. Ma datane l'impossibilità non sono più necessari e vengono eliminati, soprattutto se queste persone non sono più umane ma ridotte a bestie. (Rimangono soltanto i ruoli). Cecità non è soltanto una metafora della vita in quanto esistenza, della condizione umana e dell'essere umano (più animale di quanto esso stesso si renda conto, civilizzato soltanto alle regole che si dà), ma anche una critica alla società civilizzata e come si poggi su principi deboli, facilmente abbattibili dalla paura e dall'egoismo del singolo. Creazione dell'uomo e cessa di esistere con lui. Saramago effettua una contrapposizione tra società patriarcale e matriarcale. La prima é riconducibile alla permanenza in manicomio, durante cui avvengono le efferatezze e i soprusi. La figura femminile é sottomessa: gli stupri sono la dimostrazione ultima di come la donna sia vista come anello più debole della società, riducibile a oggetto, sacrificabile ai bisogni primari dell'uomo maschio (sessuale e fame). Inoltre é interessante notare la scarsa presenza di persone anziane e seconda quella di bambini (a parte quel unico che viene preso sotto l'ala protettiva della ragazza con gli occhiali scuri). Le due fasce sopravvivono soltanto dove persiste un minimo di civiltà, che peraltro coincide ove c'è ancora la donna che vede, l'elemento matriarcale. Mentre sono apparentemente assenti nel contesto patriarcale, notabile quando avvengono i conteggi delle camerate. La società patriarcale viene a cadere con l'abbandono del manicomio, e assieme colla denuncia della moglie del medico di aver mentito tutto il tempo e di poter vedere. In tal momento si passa alla società matriarcale: la donna ricomincia ad avere ruolo e diventa essa stessa guida, seppur guida materna. La scelta di ambientare gran parte della vicenda in un manicomio é sempre simbolica, simile poi più a una prigione. Dal quotidiano alla reclusione al ritorno a una casa irriconoscibile, familiare accogliente ma inagibile. Saramago stesso ci spiega la sua visione dell'esistenza con la scelta della struttura. L'autore é identificabile su due piani. Primo in qualità di voce narrante, é un narratore onnipresente, come in Manzoni, superiore, ci guida nella faccenda, ci spiega le sue scelte narrative. Secondo come il vecchio della benda. Perché esso stesso é uomo e vittima della vita, dell'epidemia. Sebbene sia più cosciente, reattivo, disilluso. L'immedesimazione è interessante da analizzare nel suo concedersi la relazione con la ragazza cogli occhiali scuri. Nel finale lei gli dichiara il proprio amore, si sposano, riacquistano la vista e nonostante ciò lei continua ad amarlo. Nonostante le critiche che lui le muove. Nonostante l'enorme differenza di età. Questa è una tipica fantasia maschile senile, ricarica del proprio ego. In verità é il vecchio a non essere innamorato di lei: è attratto dalla sua giovinezza, da quello che lui può ancora essere. Anche i sentimenti di lei possono essere soggetti a critiche. Possono scaturire in qualità di amare per amore dell'amare, dal senso di sicurezza e protezione trasmessi da una persona molto più matura, dalla fermezza e durezza iniziale con cui viene trattata, simili a quelli paterni, come un complesso d'Edipo. Rimangono, a mio pare, più genuini. La scelta dell'autore di far riacquistare la vista non solo conferma la mancanza di scopo della vita, ma smentisce il lettore indotto a considerare la sua perdita come una punizione Divina. Ma non é una catastrofe biblica e quindi Dio non esiste. Ció si evince definitivamente dall'episodio nella Chiesa. Tutte le raffigurazioni religiose sono state bendate, come viene suggerito, dal prete. Colui che ha ricevuto l'illuminazione dell'esistenza Divina ed unico attendibile, nega accecando: bendando le statue riporta Dio ad una condizione umana, ossia rende Dio creazione dell'uomo e non viceversa. Rendendolo cieco fa sì che il divino e il terreno non si possano più osservare e tra loro non ci sia più correlazione. Sebbene gli uomini non siano coscienti che i loro idoli (o dei) non li assistano più e quindi non esistano piú. Se Dio non esiste, non esiste la chiesa, non esistono i principi del Cristianesimo e sparisce l'altruismo, vige la legge del più forte: la disillusione della e di umanità. Ci si adegua e non si combatte fino alla fine, non ci sono eroi, i risultati sono frutto di errori e violenza. Quest'uomini si abbandonano alla malattia, troppo docili. Dove sono la speranza, la compassione, l'intelletto, il problem solving. Perché nessuno di loro trova un bastone e cammina eretto? Si muovono a tastoni, si riducono carponi, diventano bestie, si comportano come tali, peggio di esse fino a violentarsi e uccidersi l'un l'altra. Ma questa è l'umanità, gli animali sono migliori perché seguono semplicemente i loro istinti di sopravvivenza, senza prevalenza o cattiveria. L'umanità é morta, come dice la moglie del medico. Per questo lei non ha mai perso la vista, non perché non avesse paura, ma in quanto già rassegnata, già disillusa, già cieca, già morta. Sbagliato (non del tutto): l'autore sceglie di ridonare la vista e tutto é nullo, si fa festa e si va avanti come nulla fosse, una lavata e tutto a posto, tutto é dimenticabile, le ferite non sono più profonde. É stata un'epidemia, gli orrori sono confinati ad essa, é finita e non c'è più bisogno di compatirsi, ritorniamo a prima dimentichi dei nostri errori, bugie ed orrori. É (la) storia.